Quel momento che ti fa stare bene

- Cos'è che ti fa stare bene, che ti dà gioia vera?
- Cosa?
- Si, cosa ti immagini se pensi a qualcosa o un momento che ti fa stare bene, ma bene davvero?
- Oddio, così su due piedi. Ah ci sono: un piatto di carbonara.
- Ahahahahah, beh direi che un piatto di carbonara fa stare bene c'è poco da dire.
- Vero eh?
- Indubbiamente.
- Tu cosa ti immagini invece?
- Beh, se ci penso mi immagino di essere partito per un viaggio, abbastanza lontano da dover prendere un aereo e che mi ha tenuto lontano da casa e dagli affetti per qualche mese. Immagino il giorno del ritorno. Mi vedo a dovermi alzare alle quattro del mattino, con poco più di tre ore di sonno perché, come al solito, mi sono ridotto a sistemare le valige la sera della partenza e sono andato a letto tardissimo. Ma tanto non avrei comunque dormito. Sento il suono della sveglia a quell'ora ignobile, perché era l'unico modo per arrivare a casa ad un orario ragionevole dovendo fare pure uno scalo. Mi vedo che mi trascino fuori dal letto con uno sforzo degno delle fatiche di Ercole. Però sono contento perché so che la rivedrò.
- La rivedrai?
- Si, nel momento che mi fa stare bene c'è una persona a cui tengo, non so bene chi possa essere ma è parte fondamentale per sentire quella sensazione di gioia.
- Ok, ha senso. Quindi è il giorno del ritorno a casa che ti fa stare bene?
- Non proprio, o meglio, è un istante ben preciso di quel ritorno. Una volta alzato, fatta una doccia nella speranza che risvegli le energie necessarie ad arrivare all'aeroporto, mi vedo che mi dirigo verso la metro, trascinandomi una valigia e con uno zaino dal solito peso spropositato sulle spalle. Per fortuna non devo cambiare linea e a quell'ora è totalmente deserta, quindi trovo posto seduto. Devo solo riuscire a non addormentarmi. Una volta all'aeroporto e consegnato il bagaglio che va in stiva, vado a fare il controllo di sicurezza ed attendo l'imbarco. Sono sull'aereo e, visto che la data di rientro è stata un po' incerta fino all'ultimo, mi sono ritrovato a dover prendere il posto in mezzo altri due. Come potrai immaginare mi ritrovo con le ginocchia che sbattono sul sedile davanti e la testa che è troppo in alto per appoggiarla comodamente. Naturalmente ho messo il cuscino da viaggio nel bagaglio che adesso è in stiva.
- Insomma è un viaggio della speranza. Sei sicuro che sia davvero un momento piacevole?
- Ahahahah, hai ragione ma il viaggio un po' faticoso e poco comodo è importante. Insomma, mi trovo in volo e sto cercando di trovare una posizione decente in cui stare, sono stanco morto e forse riuscirei pure ad addormentarmi anche se poi mi ci vorranno tre sedute di fisioterapia per rimettermi in sesto. Gli occhi si stanno pian piano socchiudendo quando, nella fila dietro, un bimbo di al massimo un anno comincia a piangere strillando come una sirena. Le cuffie bluetooth sono scariche.
- Ovvio.
- Il primo volo finisce. Atterro con un po' di ritardo e quindi, una volta recuperato lo zaino, devo mettermi a correre per non perdere il secondo volo. Sedile centrale di nuovo. Alla mia sinistra un ragazzo abbastanza voluminoso e, dato che anche io non sono certo un grissino, la comodità me la scordo di nuovo. Alla mia destra, per fortuna, un ragazzo abbastanza magro. È sul lato del finestrino ma a quanto pare non si godrà molto la vista: sembra terrorizzato all'idea di volare, non dice niente ma non riesce a stare fermo. Tre ore interminabili. Alla fine atterriamo, almeno il volo in sé è andato bene. Mi dirigo a recuperare il bagaglio. Solita ansia da speriamo che ci sia anche il mio. Per fortuna c'è. Lo raccolgo, ovviamente nelle delicate operazioni di carico è stato rotto, nulla di grave ma pur sempre una gran seccatura. Comincio ad avviarmi verso l'uscita, verso la sala d'aspetto per la precisione.  Scale mobili, corridoi infiniti, ancora scale mobili ed infine l'ultimo tunnel prima dell'uscita dove ci sarà lei ad aspettarmi e dove, finalmente, ci riabbracceremo.
- Ah eccolo, è questo il momento che ti fa stare bene, quell'abbraccio.
- Non proprio. Certo è un attimo fantastico, liberatorio, che ti scalda l'anima, ma il vero momento in cui sto bene è un altro, precisamente poche decine di secondi prima di quell'abbraccio quando, uscendo dall'ultima porta di quel corridoio interminabile, affogato in mezzo alla folla di altri esseri  devastati dal viaggio come te, cominci a guardarti intorno, cominci a scrutare in mezzo a quella selva di centinaia di occhi che guardano tutti nella tua direzione e, ad un tratto, fra un mare di occhi tutti uguali ed indistinti scorgi i suoi, e lei incrocia i tuoi. Eccolo, è quel preciso istante, quando gli sguardi si incontrano, gli occhi si spalancano e, anche senza l'ausilio della bocca, si vede che stanno sorridendo, quando tutte le fatiche di un viaggio assurdo vengono spazzate via come un mucchio di foglie portate lontane dal vento che si trova il momento che mi fa stare bene. Gli sguardi che si cercano e si trovano.

...

- Non hai torto, è una bella sensazione quella, ti fa davvero stare bene; però anche un bel piatto di carbonara.
- Eh sì, te lo concedo. Anche un bel piatto di carbonara ti fa stare parecchio bene.

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